Libri su Giovanni Papini

1957


Gino Staderini

Lettera a Giovanni Papini di Papa Celestino VI°

[Introduzione] - Mani avanti, pp. 5-6
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   Non ho con Giovanni Papini nessun conto aperto da regolare. Glí sono anzi debitore delle molte e profittevoli letture che hanno dato uno scopo ed un colore e calore alla mia prima gioventù, come gli sono grato di una sua lettera a me indirizzata nel 1916, in seguito alla rimessa di alcuni miei manoscritti. Ma non posso perdonargli quella truculenta smaniosità cerebrale, quella padretertale alterigia che non ci hanno permesso di cogliere in lui una ben definita e completa personalità. Voglio dire non un Papini di prospetto, ben piantato, con precisi e inconfondibili lineamenti, ma un Papini sfuggente, metereologico, prísmatico, pluritonale. Si può dire, parafrasando un detto popolare: nuovo giorno, nuovo Papini.
   Scrivere era per lui una necessità come il respirare. Questa necessità che lo ha accompagnato fino agli ultimí sgoccioli della sua vita, è stata la sua più grande gioia, ed anche la sua indissociabile penitenza. Gioia perché soddisfaceva ad un bisogno; penitenza perché lo ha continuamente sballottato nei marosi delle contraddizioni e dei paradossi, delle controversie, delle periodiche rinnegazioni e revisioni, tanto da fare di lui, della sua personalità, della sua identità, un ritratto a più facce, un' anima a più fondi. In tutti i campi ove ha coltivato il suo troppo ferace e vigoroso ingegno, ha lasciato di sè l'impronta di più anime ìn sommossa. In politica, in filosofia, in religione, in letteratura.


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   Solamente in poesia si é ritrovato tutto intero, perché la poesia è una cosa più sentita che ragionata. Al fondo di tutte le sue cicliche contraddizioni sta il suo innato individualismo, il voler essere dissimile da tutti gli altri. Quel desiderio di cozzare con chi gli si avvicinava per la prima volta; quella spasmodica ricerca di baruffe, di schermaglie e guerriglie ai primi contatti con persone a lui sconosciute, vogliono mettere in guardia il visitatore: guarda che sei di fronte a Papiri, non ad un uomo qualunque: preparati all' assalto!
   Se leggete le sue stroncature vi accorgerete subito la matta e feroce gioia che egli prova nello strapazzare, sbriciolare, frantumare i più grossi calibri della ufficialità intellettuale e scientifica. Segno della sua strabocchevole esuberanza cerebrale che lo ha spinto a scrivere troppo, in troppi campi, in troppi modi. In un solo modo egli ha espresso tutto sè stesso: nella poesia. Le schegge, scritte sul limitare dell'altra vita, dicono di quale e quanta grandezza egli si sarebbe coperto se avesse coltivato di più questa angelicata vocazione.


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